Il Parco dei reietti

scritto da Emotion seeker
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Testo: Il Parco dei reietti
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IL PARCO DEI REIETTI

Solo con il suo cane in una città che non gli apparteneva, in un quartiere misero, sporco, malfamato e isolato a tal punto che per recarsi a fare la spesa occorreva prendere l’auto o il bus cittadino che passava dalla fermata ogni 45 minuti. Trascinava così la sua esistenza in giornate simili l’una alle altre. Di quei pochi amici che aveva alcuni erano deceduti per vecchiaia o malattia, altri dispersi da tempo.
L’unico vero amico che non lo aveva mai abbandonato era Arthur, il suo cane, fedele da 12 anni, da quando, rimasto vedovo e con i suoi tre figli sempre più latitanti, decise di portarsi in casa quel batuffolo di Golden Retriever dal pelo color caramello. Ora avevano più o meno la stessa età, avevano superato entrambi la settantina, un'età in cui un uomo comincia a non pensare più al futuro ma a dare un senso al presente attraverso ciò che di buono aveva fatto nel passato. Arthur invece, nonostante gli acciacchi e la vivacità di un tempo ormai assopita, continuava a vivere soltanto per il suo padrone, il suo unico e costante punto di riferimento.
Sì il padrone, un uomo dall’aspetto dignitoso, che vestiva in modo semplice e sobrio, leggermente curvo per una cifosi congenita ma sufficientemente dritto con la schiena tale da camminare sempre a testare alta, che portava da anni una barba a pelo corto così curata da conferirgli un portamento di persona raffinata e elegante.  

Il mio nome è Dirk e questo è Arthur, il mio cane. Viviamo in un appartamento piccolo e modesto. Sono in pensione da circa 10 anni e stamattina, come di consueto, usciamo per recarci al parco qui vicino. Arthur adora questo parco, è la sua seconda casa. Qui ha avuto contatti ravvicinati con un discreto numero di cani femmina con i quali ha cercato più volte di accoppiarsi senza successo visti i miei continui strattoni al guinzaglio e quelli degli altri padroni. Recentemente ho dovuto castrarlo anche per prevenire tumori testicolari e prostatici.
E’ una bella giornata, il sole basso mi dona l’accoglienza del calore e la gratitudine della luce. Mi siedo come sempre sulla panchina sotto l’ombra maestosa di un magnifico larice. Il parco, a soli 10 min di cammino dalla mia modesta casa, è un’oasi di  pace e tranquillità. La sua vicinanza al mio quartiere in degrado non ne sminuisce la bellezza, anzi, il netto contrasto ne favorisce, a mio parere, l’esclusività sebbene venga considerato da tutti come il “Parco dei reietti”.
E’ poco frequentato, per lo più da barboni e rifugiati di guerra e questo mi rende felice data la mia avversione ai luoghi affollati. Odio ammetterlo ma da quando ho scoperto le funzionalità infinite dello smartphone ho abbandonato la carta stampata per l’utilizzo del display. Comodamente seduto, avvolto dalla fresca aria del primo mattino, apro il link del mio quotidiano preferito e comincio a leggere le news.
Guerre e distruzioni, opinioni politiche di routine, cronaca nera, tragedie e frivolezze, la solita informazione riempi schermo che lascia il lettore indifferente o amareggiato, felice o arrabbiato ma sempre come uno spettatore inerte e inerme che, spenti i canali dell’informazione, torna alla sua solita vita.
Proprio quando stavo per leggere uno dei tanti articoli sulle recenti guerre, ecco che sento voci umane in lontananza, per lo più grida e risate miste a insulti e parole offensive. Mi giro per guardare, Arthur drizza le orecchie che cominciano a muoversi e a ruotare nella direzione delle voci. Mi alzo per vedere meglio, ma i miei occhi stanchi e miopici, nonostante inforchi gli occhiali, non riescono a  mettere a fuoco le sagome lontane. Decido di avvicinarmi con Arthur che lentamente si alza dalla sua comoda posizione a fianco della panchina e svogliato mi segue al guinzaglio.
Giungiamo a pochi metri da quel gruppetto di persone, sembrano ragazzi, età massima sulla ventina. Stavano in cerchio inveendo contro qualcuno o qualcosa che giaceva nel loro centro.

“Ragazzi! Che sta succedendo?”

“Oh! Guardate un pò! Un vecchio è venuto a farci compagnia!”

“Ti vuoi unire a noi.. vecchio?”

Data la mia altezza, superiore a quella di quei ragazzi, riesco a sporgermi e a vedere chiaramente cosa stava accadendo.
Uno di loro, probabilmente appena maggiorenne, stava picchiando e insultando una ragazza che giaceva a terra mentre gli altri in cerchio esultavano e lo incitavano con malefici sorrisi sulle labbra.
Mi rendo subito conto che la ragazza è molto giovane, dalla carnagione olivastra con occhi e capelli neri come la pece. Il giovane che la stava insultando e colpendo con calci e schiaffi era il classico bulletto vestito da rapper, chiaro di carnagione con una accennata peluria sul volto acerbo.

“Basta! Siete impazziti? E tu!.. lasciala stare!” 

Urlo annichilito da tutta quella violenza gratuita.

“Non ti impicciare Vecchio!!”

Uno di loro si stacca dal gruppo e mi dà uno spintone così forte da scaraventarmi a terra.
In quel preciso istante Arthur, che fino a quel momento era rimasto seduto al mio fianco, con una scatto fulmineo che non vedevo più da anni, addenta con rabbia il braccio del ragazzo e con tutta la potenza rimesta nel collo, ruota la testa da un lato e dall’altro con scatti repentini . Vedo il braccio del ragazzo piegarsi come quello di un fantoccio di pezza mentre tracce di sangue colorano di rosso il muso di Arthur.
A quella vista i ragazzi smettono di sorridere e urlare. Il bulletto rapper si ferma,  si gira in direzione del suo compagno che nel frattempo era caduto a terra trascinato per un braccio dal pacifico Arthur.

“Arthur! Vini qui!”

mi rialzo e raggiungo Arthur che al mio comando lascia il braccio del ragazzo e come un docile cagnolone appesantito dagli anni mi viene incontro a testa china  per farsi accarezzare. 

“Grazie amico mio!”

Il gruppetto, terrorizzato dall’attacco feroce di Arthur, si dilegua fuggendo ognuno in direzioni diverse.
Il ragazzo ferito riesce a rialzarsi e a correre disperatamente verso l’uscita del parco.

Ci avviciniamo alla ragazza rimasta ancora a terra, sanguinante e malconcia. Dai vestiti che indossa e dalle condizioni igieniche del suo corpo, capisco che ho davanti una diseredata, probabilmente una clochard di giovane età.

 
Dieci anni dopo

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Mi chiamo Jasmine e ho 26 anni. Vivo da 10 anni in un appartamento di questo quartiere decadente ma tranquillo. Sono nata in un paese lontano, perennemente in guerra dove ho conosciuto solo l’odio dei popoli e l’amore della mia famiglia.
Lavoro come commessa in un supermercato a 6 Km di distanza da qui. Ogni mattina prendo il Bus delle 7,00 per recarmi al lavoro. Non posso permettermi di perderlo perché l’altro passa dopo 45 min.
Stamattina, come di consueto nei giorni di riposo infrasettimanale, esco per andare al parco qui vicino. Adoro questo parco, per me è come una seconda casa. Oggi è una bella giornata, il sole basso mi dona l’accoglienza del calore e la gratitudine della luce. Il parco, a soli 10 min di cammino dalla mia modesta casa, è un’oasi di  pace e tranquillità. La sua vicinanza al mio quartiere in degrado non ne sminuisce la bellezza, anzi, il netto contrasto ne favorisce, a mio parere, l’esclusività sebbene venga considerato da tutti come il “Parco dei reietti”. 

Mi siedo come sempre su questa panchina sotto l’ombra maestosa di un magnifico larice.

La mia è una lunga storia che un giorno Vi racconterò.

Fine.

Il Parco dei reietti testo di Emotion seeker
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